martedì 22 marzo 2016

ACCADDE OGGI: L' eccidio di Faenza

Papa Gregorio XI
L' eccidio di Cesena e Faenza: con questo nome viene indicato il massacro dei cesenati e dei faentini compiuto il 3 febbraio 1377, per ordine del cardinale Roberto di Ginevra, dalle milizie mercenarie bretoni guidate dal capitano di ventura Giovanni Acuto (così era conosciuto in Italia l’inglese John Hackwood). A quasi sette secoli di distanza il suo ricordo sopravvive quasi solo negli studi di storia locale e nella toponomastica (la piazzetta davanti all’ingresso dell’Anagrafe è intitolata ai ’Cesenati del 1377’, cioè le vittime di quella strage). Ma, in realtà, sarebbe opportuno che fosse meglio conosciuto anche ai giorni nostri



L' antipapa Clemente VII,
prima cardinal Roberto da Ginevra

L’epoca è quella  in cui Firenze mobilitò contro lo Stato Pontificio una lega alla quale aderirono anche città che in precedenza avevano accettato il dominio ecclesiastico, come Bologna e Perugia. Per contrastare questa iniziativa, Papa Gregorio XI, da Avignone - dove nel 1305 si era trasferita da Roma la sede papale - inviò nel 1376 dalla Francia un esercito di soldati mercenari bretoni, al comando del cardinal Roberto da Ginevra. Quando queste truppe (da otto a diecimila uomini) giunsero in Italia, l’unica città disposta ad accoglierle fu Cesena. Nell’ottobre del 1376 i soldati si installarono nelle campagne cesenati, mentre il cardinale si insediava nella Murata, il sistema difensivo che faceva capo alle due rocche poste in cima al colle Garampo e che era stato costruito quando il cardinal Egidio Albornoz aveva preso possesso di Cesena (1357) sottraendola agli Ordelaffi. Nel dicembre del 1376 Gregorio XI aveva lasciato la Francia, stabilendosi nel gennaio del 1377 a Roma, per togliere buona parte delle ragioni di chi (come Firenze) accusava il papa e i suoi funzionari in Italia di comportarsi, in realtà, come stranieri che rapinavano l’Italia. I soldati bretoni dimostrarono con il loro comportamento a Cesena quanto fosse vera quell’accusa: in cambio dell’accoglienza ricevuta, le truppe depredarono la popolazione, impossessandosi dei beni alimentari (e, in particolare, del raccolto del grano, necessario non solo per nutrirsi, ma anche per seminare l’anno dopo), seminando violenza in città e nelle campagne. Esasperati dai ripetuti soprusi, il 1 febbraio
John Hackwood
1377 i cesenati  si ribellarono, uccidendo da 400 a 800 soldati bretoni. La risposta del  cardinale non si fece attendere e fu subdola e violenta:  dapprima finse di comprendere il punto di vista esasperato dei cesenati, ma nel frattempo mandò a chiamare il condottiero John Hackwood, che era di stanza a Faenza, con i suoi mercenari inglesi. Il cardinale fece entrare le nuove truppe dalla porta del Soccorso (che è quella che oggi si vede murata lungo lo sferisterio) ed esse, insieme con i bretoni, ruppero il muro della fortificazione verso il borgo Chiesanuova (l’attuale viale Mazzoni), ingaggiando un conflitto con i cesenati che si erano disarmati perché rassicurati dalle parole del cardinale. Gli abitanti furono sconfitti e trucidati, su precisa volontà di Roberto da Ginevra, che aveva dato tali disposizioni ai militari.

ll 22 Marzo del 1376, approfittando della caotica situazione in cui versava la Chiesa, il faentino Astorgio Manfredi non osservò i doveri pecuniari verso il Papa, così il card. Anglico inviò i mercenari guidati sempre da Giovanni Acuto per punire la città faentina. Hackwood occupò immediatamente la Rocca e scatenò in città le sue milizie che si resero colpevoli d’inaudite violenze.
Uno dei motivi di tale violenza è che il Papa solitamente non pagava con moneta i soldati, ma li compensava permettendogli il saccheggio nelle città attaccate.

sabato 19 marzo 2016

CURIOSITA': Giovanni Pascoli e la poesia sulla piadina

Se parliamo di piada subito il nostro pensiero va alla tradizione culinaria romagnola, alle immagini vacanziere della sua riviera e dei chioschi dove viene offerta con il prosciutto o lo squacquerone. Fino agli sessanta/settanta non era così diffusa a livello nazionale come oggi.

Questo piatto della tradizione è stato la musa ispiratrice della poesia “Il desinare” e del poemetto “La Piada” di Giovanni Pascoli; in altri scritti il poeta la cita come “pane di Enea” o “pane rude di Roma” attribuendole l’origine latina e la descrive come “Piada, pieda, pida, pié, si chiama dai romagnoli la spianata di grano o di granoturco o mista, che è il cibo della povera gente; e si intride senza lievito; e si cuoce in una teglia di argilla, che si chiama testo, sopra il focolare, che si chiama arola…”.
Sappiamo che Pascoli amava il buon cibo ed era un ottimo bevitore. Nel suo “nido”, la casa che abitava con le sorelle, ospitava spesso gli amici più cari e offriva loro pranzi e cene tipicamente romagnole, che Mariù preparava con abilità, per risollevarsi dagli impegni di studio e di lavoro e per distrarsi dai suoi turbamenti.


L’amore per la cucina e per la campagna, per i sapori semplici e genuini, per i prodotti dell’orto traspare nella sua produzione poetica spesso in maniera discreta fino ad arrivare a descrivere delle vere e proprie ricette, l’ambiente della cucina con tutti gli attrezzi: «teglia», «aglio», «paiolo», «cannone» (matterello), «canovaccio» (telo).
Ma l’intento poetico non è ovviamente la descrizione dell’esecuzione di una ricetta.  La funzione nutritiva del cibo (della piada in questo caso) passa in secondo piano per dare spazio ad una atmosfera magica dove l’immaginazione e la comunicazione si concentrano su pensieri esistenziali e sociali.


La piada povera, quella co
nfezionata con farina di mais (eventualmente arricchita di un po’ di grano), ben diversa dalle piade ricche per i benestanti di puro frumento, rinforzate con strutto, uova o zucchero, nella poesia del Pascoli diventa un sublime e dignitoso “pane della povertà”, “pane dell'umanità”, “pane della libertà” e “pane del lavoro”.

Di seguito un breve ma significativo estratto della poesia:

Ma tu, Maria, con le tue mani blande
domi la pasta e poi l’allarghi e spiani;
ed ecco è liscia come un foglio, e grande
come la luna; e sulle aperte mani
tu me l’arrechi, e me l’adagi molle
sul testo caldo, e quindi t’allontani.

Io, lo giuro, e le attizzo con le molle
sotto, fin che stride invasa
dal calor mite, e si rigonfia in bolle:
e l’odore del pane empie la casa.

mercoledì 16 marzo 2016

CURIOSITA': Ravenna capitale del “Mah-jong”

Non c’è un film cinese in cui il Mah Jong, non sia citato. Ci giocano le mogli in Lanterne rosse, ci giocano gli invitati che si imbucano nella stanza d’albergo degli sposi ne " Il banchetto di nozze", ci giocano i vicini di casa nel meraviglioso, claustrofobico “In the mood for love”, ci giocano di nuovo le mogli in “Lust. Caution!” prima che i due protagonisti inizino a fottersi in tutte le posizioni…nel primo e nell’ultimo impariamo peraltro che il mah jong è un gioco da donne… come il Burraco che sta spopolando fra le signore.
L'antico gioco del Mah-Jong in Romagna "l 'è e'magiò".

La materia è talmente vasta e complessa che si rimanda il lettore interessato all’ottimo libro di Piero Zama 


Le origini sono antiche,misteriose ed anche leggendarie, le prime tracce risalgono al 560 a.C., alcune tradizioni lo fanno risalire al 2500 a.C., si dice sia nato in Manciuria, c’è chi attribuisce l’ideazione a Confucio, pare si chiamasse “lung-chan” (battaglia di draghi), pare si giocasse solo alla corte reale, la leggenda parla di un pescatore, tale Sz, che… Come sia giunto in Italia ce lo racconta Piero Zama. “Nel nostro paese diversi commercianti cinesi si stabilirono nelle città di Trieste, Torino, Ancona, Venezia, Vicenza, Ravenna, Roma, Napoli, Genova e Catania. Si scatenò ben presto una vera gara nell’acquistare le confezioni più pregiate e il mah-jong, dal 1924, fu considerato il gioco più ‘chic’,…Ma nel giro di pochi anni la moda si esaurì e il mah-jong fu presto dimenticato in tutta Europa; unica eccezione rimase Ravenna.

Alla fine del 1923, infatti, alcuni cinesi essenzialmente venditori ambulanti di cravatte, costituirono a Ravenna una piccola comunità nella zona della basilica di San Vitale. Si sistemavano negli incroci delle strade principali e, fra una vendita di una cravatta e un’altra, si dilettavano ad interminabili partite di mah-jong. Dalla strada al bar il passo fu molto breve, anche perché nel ravennate il bar è stato, da sempre, concepito come un luogo di incontro, di ritrovo. Purtroppo il numero delle confezioni era molto limitato, i ‘Mah-jong’ integri iniziarono così a scarseggiare: dietro sollecitazione dei cinesi e degli stessi ravennati alcuni artigiani locali (Posati, Cattani e Valvassori) allora si attrezzarono per la riparazione… e Valvassori ricevette un numero così alto di commesse che fu costretto, a partire dal 1955, ad acquistare una pressa per incrementare la produzione. Dunque il gioco è rimasto in uso a Ravenna perché ‘qualcuno’ lo produceva localmente o forse veniva prodotto perché qualcuno lo richiedeva? Le parti che compongono il gioco fanno, forse, capire uno dei motivi della affezione dei Ravegnani per questo gioco.

Gente che vive tra paludi e nebbie, contadini insabbiati nelle secche di un porto dimenticato, marinai con tatuaggi bizantini, nostalgici della corte di Teodorico, gente con i cromosomi a oriente di Roma non può non restare affascinata da: stagioni, fiori, punti cardinali/ venti, draghi/colori, bambù/canne, cerchi/ palle, numeri/caratteri.

Le “tessere” (tegole, pedine) colorate e decorate non possono forse essere confuse, da artisti musivi innati, con disperse tessere di mosaici fantasticati?

Le tessere, genericamente chiamate ’palle’, termine che può sembrare spregiativo, ma così non è (la tomba di Dante viene chiamata “pivirola”, ’”zucarira”, pepiera, zuccheriera, ed è uno dei monumenti di cui andiamo più fieri), è la nostra abitudine a minimizzare il “grande” ed esagerare il “poco”.

Col tempo il gioco ha divorato la nostra anima e noi abbiamo divorato l’anima del gioco. Alle tegole sono stati aggiunti numeri e lettere, chiara dimostrazione di appropriazione, affetto e senso pratico; le regole cinesi/occidentali sono state modificate a tal punto che anche l’ordine del gioco (in senso orario) è contrario a quello in uso nel resto del mondo (Latina compresa).

D’altra parte cosa ci si può aspettare da gente che ha mal sopportato il dominio dello Stato Pontificio se non l’esaltazione dell’anticlericalismo, la codificazione del contrario.
Si dice che il ticchettio delle “tessere”, tanto simile al rumore dei carri sull’acciottolato delle vie cittadine, mescolate ad ampi e lenti gesti, con l’aiuto della “stecca”, possa calmare la tempesta e fecondare le cavalle brade della pineta.
Si dice che la costruzione della “muraglia” assicura contro il nemico, protegge dal terremoto e dai geometri. Si dice che al lancio dei dadi anche il cuore si fermi ad osservare i rimbalzi.
Si dice…

Lo svolgimento della partita è, forse, un altro dei motivi di affezione. Tutti contro tutti, lode all’individualismo assoluto, esaltazione dell’anarchia, componente socioculturale da sempre presente entro le mura cittadine. L’alea genetica del gioco obbliga di continuo a scelte contraddittorie, chiunque può prendere lo “scarto” di chiunque e ciò che per te non è necessario può essere necessario a qualcun altro e quindi, al fine che il tuo ‘non necessario’ non venga sfruttato da altri, diviene ’necessario

domenica 13 marzo 2016

ACCADDE OGGI: Riapre la pinacoteca di Faenza

Il 13 Marzo del 2005, dopo anni di chiusura per ricostruzioni edili, guai tecnici e problemi di assetto, la Pinacoteca di Faenza fu finalmente riaperta al pubblico. 


E’ il più antico Museo di Faenza che venne aperto stabilmente nel 1879 nei locali dell’ex Convento dei Gesuiti, angolo in via s. Maria dell’Angelo.

Fu sistemata e ordinata da Federico Argnani, singolare figura di patriota ed artista.


Il primo nucleo della Galleria d'Arte Moderna si costituisce nel 1879, allorché F. Argnani si preoccupò di inserire nel percorso espositivo anche alcune opere di autori contemporanei. Nei decenni successivi - grazie ad acquisti e soprattutto a donazioni sempre più numerose - i fondi di pittura e scultura dell'800 e '900 sono cresciuti a tal punto da porre il problema di spazi espositivi adeguati. 

I fondi sono raggruppati per scuole e tendenze storico-stilistiche: Neoclassicismo e Purismo (F. Giani, M. Sangiorgi, T. Minardi, P. Piani, G. Landi); Romanticismo e Realismo (R. Liverani, M. D'Azeglio, V. Hugo, G. Fattori, A. Berti T. Dalpozzo ed altri comprimari di interesse locale). Di recente acquisizione alcuni dipinti di scuola francese dell'800, a cui si affiancano le due sculture di A. Rodin.
Di straordinario rilievo il fondo delle opere di Domenico Baccarini, il protagonista dell'intenso rinnovamento artistico dei primi anni del '900, e dei suoi amici e coetanei (il Cenacolo Baccarini), che ne prolungarono per più di mezzo secolo la lezione innovatrice. Oltre a questo nucleo sono presenti opere di maestri del '900 italiano (G. Morandi, A. Tosi, A. Martini, F. De Pisis) e di autori faentini e romagnoli.
Ricordiamo infine il Gabinetto Disegni e Stampe: già il nucleo iniziale della Pinacoteca, costituito dalla collezione di G. Zauli, comprendeva una consistente raccolta di stampe e disegni. Da allora fino ad oggi il fondo di grafica è aumentato fino a raggiungere dimensioni notevoli, quantificabili in circa 20.000 fogli. 


Sono presenti i nomi più alti dell'incisione europea, da A. Dürer fino ai contemporanei.


ACCADE NEL MONDO: La macchina che sposta al volo le corsie delle autostrade

Ecco all'opera il sistema che, in caso di traffico congestionato, in meno di mezz'ora, è in grado di spostare la barriera mobile che separa le carreggiate del Golden Gate di San Francisco. Sarebbe utile anche nella vostra città?


Guarda come funziona!

Si chiama Road Zipper System, è un camioncino giallo che entra in campo quando - per ragioni di traffico o a causa di lavori o incidenti - è necessario spostare la barriera mobile che separa le carreggiate di autostrade, ponti, gallerie ecc., per ridistribuire in modo più conveniente il numero di corsie sui due sensi di marcia.

Rispetto ai sistemi tradizionali (più laboriosi e meno efficaci), lo Zipper è veloce e praticamente autonomo. Nel video lo vediamo all'opera anche sul mitico Golden Gate di San Francisco (Usa), dove da qualche mese ha sostituito i vecchi cilindri in plastica da 48 cm, posati a mano da operai costretti a manovre acrobatiche dal bordo di un furgone.
Il Road Zipper System è operativo anche sul Golden Gate di San Francisco

COME FUNZIONA LO ZIPPER. Il nuovo sistema consiste in una barriera mobile da 3,5 km, composta da 3.500 segmenti di cemento armato (da 700 kg) incernierati l'uno all'altro come a formare un serpentone: quando il traffico diventa più intenso in una delle due direzioni di marcia, lo Zipper "entra in campo" e mentre avanza, attraverso un particolare meccanismo, solleva i componenti della barriera e li sposta temporaneamente di una corsia, aumentando a 4 quelle della carreggiata da decongestionare e riducendo a 2 l'altra.

Un particolare del meccanismo
In mezz'ora il lavoro è completato, con maggiore sicurezza per gli operai e senza rischi di danneggiare la strada.

È stato calcolato che, grazie a questo sistema, si riduce il numero degli incidenti (perché si annulla o quasi il rischio di invasione della carreggiata opposta), ma diminuscono pure i tempi di percorrenza e dunque anche i consumi di carburante e le emissioni di sostanze inquinanti.

Secondo voi sarebbe utile anche sulle autostrade italiane?

Guida al sonno: le posizioni giuste e quelle sbagliate

Di schiena, sul fianco, a pancia sotto. Le posizioni del sonno condizionano la nostra salute. Dormire sul lato per esempio può causare problemi alle spalle o al seno. Mentre dormire a pancia in su aiuta a ridurre il reflusso gastrofageo. In Italia come in tutto il mondo i disturbi del sonno sono in aumento.
Si calcola che le insonnie interessino il 10% della popolazione e che i disturbi respiratori (russamento e apnee del sonno) colpiscano circa 4 milioni di italiani di età compresa fra i 30 e i 60 anni. Si tratta di disturbi da non sottovalutare non soltanto perché rovinano la qualità del sonno notturno, influenzando negativamente rendimento, concentrazione, produttività durante il giorno, ma anche perché a lungo andare possono provocare disturbi cardiovascolari.
Di seguito sono indicati i pro e i contro delle principali posizioni.
E voi come dormite??

venerdì 11 marzo 2016

C' ERA UNA VOLTA: Le auto a gassogeno e la crisi

Nel Marzo 1944, periodo di grande crisi, era ricercatissimo il carbone dolce dai possessori d’auto a gassogeno.
L'auto di Ilario Bandini targata Forlì e dotata di un impianto gasogeno.
Il prezzo al mercato nero di questo materiale era di circa 7/800 £. per un quintale; un operaio percepiva in media 900/1000 £. al mese.


Tanti sono gli aneddoti sulla corsa al prezioso materiale, tra i quali spicca il furto del carico di un vagone rifornitore di una locomotiva alla stazione di Castel Bolognese ad opera di (abilissimi) ignoti.

In quell' occasione non potè partire nè il treno nè la corriera messa a disposizione come servizio sostitutivo, in quanto funzionante anch' essa a carbone.