Fino a pochi decenni fa per dare a qualcuno della mezzacartuccia, o per rinfacciargli di vantare imprese chiaramente fuori dalla sua portata, si usava dargli del “Bagonghi”. Un epiteto che all’insolenza accompagnava la derisione. C’era però un mondo in cui quel nomignolo godeva di grande considerazione. Era quello del circo, dove il nano Bagonghi in veste di cavallerizzo, di acrobata, di clown o di giocoliere costituiva una delle maggiori attrazioni per grandi e bambini.
Le cronache del tempo lo descrissero alto “un metro e dieci dal cranio ai piedi, di meravigliosa, completa ed intonata deformità umana”, ma sveglio ed intelligente.
Divenne famoso lavorando nei circhi più importanti d’Europa e facendosi conoscere anche in Africa con varie tournè.
Se all’inizio le performance, diremmo oggi, puntano soprattutto sulla curiosità suscitata dalla sua deformità, esperienza ed impegno ne hanno fatto un artista del circo in grado di esprimersi in ruoli diversi: da clown a giocoliere, da acrobata a prestidigitatore. Un personaggio eccentrico sempre pronto alla battuta spiritosa, mai volgare. Al seguito della rinomatissima compagnia americana di Mr. William Meirebell, Bernabè-Bagonghi compie una lunga tournée che, passando di successo in successo, tocca il Marocco, il Sudan, l’Abissinia e la Palestina. Quattro giorni durissimi dura il viaggio per attraversare il Sahara e quando sono ormai in vista della meta la carovana è presa d’assalto da una banda di predoni che uccide la prima cavallerizza, Jeja, una ragazza veneta di 17 anni considerata la mascotte dell’équipe itinerante. All’apice della carriera, ammirato per la rapidità e la destrezza con cui passa da un numero all’altro, beniamino del pubblico di mezzo mondo, Bagonghi trascorre con Mr. Meirebell il suo periodo migliore, protrattosi per quasi sette anni. In seguito, con la compagnia Hittiman attraversa in lungo e in largo la Russia e la Siberia, poi con la troupe Diaz la Francia e la Spagna.
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